Io e la vecchina - vi racconto quel che accadrà da domattina

Pubblicato il da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone

Antonio Ligabue - Lotta di galli

Antonio Ligabue - Lotta di galli

Ve lo dico io quel che accadrà dal 4 maggio. Per non dire da domani. Anzi da poco fa, considerando quel che mi è appena accaduto. Da quando vivo da recluso e da prepensionato, quale ancora non sono, tutti i pomeriggi faccio i miei quattro passi attorno attorno all’isolato, come da prescrizione. Prima un giro in macchina perché non mi si scarichi la batteria (vivo ora in una piccola frazione e senza macchina sarei perduto); poi a piedi col mio giornale quotidiano. Leggo camminando come faceva mio padre e come mi è sempre piaciuto fare. Sembra strano ma non inciampo e non mi saltano le righe.

Insomma nella ronda pomeridiana, tra una curva e qualche salita, alzo lo sguardo dal foglio di carta e vedo in terra, sulla discesa, ben dentro una cunetta, faccia a terra e braccia ad annaspare, una vecchina – giuro! - che non capisco immediatamente se sia caduta o se invece stia cercando qualcosa. Sono dall’altra parte della strada.

Devo vincermi – lo confesso – perché dapprincipio mi frena la diffidenza e la paura: del virus, naturalmente. Anche perché la signora, sul viso non porta la mascherina.

Fa un bel caldo e siamo in campagna dopotutto, dove i distanziamenti sociali non sono neppure una costrizione: di spazio ce n’è tanto. L’esitazione dura lo spazio d’un secondo, credo. Poi le faccio, come uno sciocco “tutto bene, signora?”, vedendo ormai benissimo che tutto bene non andava e che la poveretta cercava con lo sguardo una mano di aiuto. Non posso farne a meno – mica perché son buono – mi avvicino. Le porgo il braccio perché vi faccia leva, tenendomi col viso e col busto distante, lasciando solo quest’arto irrigidito perché lei si sollevi. Lo fa – grazie a Dio – ce la fa. Niente di rotto.

Io pensavo - le faccio – che stesse cercando qualcosa, che stesse pulendo la siepe. E’ così infatti – mi risponde – pensare che facevo un po’ d’erba per le galline. Dopodiché sono caduta in avanti e non mi riuscivo ad alzare. Grazie. Abito qui di sotto. Ma io non la conosco ...

Infatti, signora, sono qui da un paio di mesi appena, giusto per farmi una cinquantina di giorni di reclusione.

Ripresa la distanza di sicurezza, credo che entrambi si sia pensata la stessa cosa: che io avrei potuto non fermarmi e lei non avrebbe trovato nessuno, per un po’, per rimettersi in piedi.

Che io almeno avevo dovuto vincere quella resistenza, e la paura, che mi aveva fatto rompere ogni forma di cautela. Sarà così amici. Sarà così temo da domani. Che per darsi una mano avremo un freno in più, un’altra inibizione, altro che solo slanci, solidarietà ed empatia. Che già accade in tempi normali che si veda la gente che sta male sul marciapiedi, per non dire dei senzatetto poi, e che nessuno di noi si fermi a chiedere mai, se hanno bisogno di qualcosa. Che qualcuno verrà aggredito, derubato, strattonato, scippato e che molti, a maggior ragione si guarderanno bene dall’intervenire. Come accade spesso, anche con le donne aggredite e brutalizzate in case e condomini, nei tunnel della metro. O i vecchi scippati della pensione.

Che non sono un buono, e neppure un buon cristiano. Che un certo senso civico credo di avercelo innato. E che pure ho dubitato. Sono stato tentato.

Devo aver letto da qualche parte nella Bibbia che per aver dubitato qualcuno non ha veduto ciò che gli era stato promesso. E che io invece credo proprio di aver veduto abbastanza. Anche di me e di quel che sarà di noi, per un anno, per un giorno, o invece come sempre.

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